ECOCIDIO DEVE DIVENTARE UN CRIMINE CONTRO L’UMANITA’
La lotta per il riconoscimento dell'ecocidio come crimine contro l'umanità dura da decenni. Un lungo periodo durante il quale sono stati compiuti innumerevoli crimini contro gli ecosistemi e i loro abitanti, con effetti devastanti sulla biodiversità e sulla salute di uomini e animali. Per questo motivo, insieme ai colleghi dei Verdi europei, ho chiesto che l’ecocidio venga riconosciuto come crimine internazionale dalla Corte penale internazionale. Ricordiamo tutti la catastrofe di Bhopal, in India, quando la fuga di sostanze chimiche da un impianto di pesticidi uccise 20.000 mila persone che ancora oggi subiscono le gravi conseguenze dell’avvelenamento della rete idrica. In Ecuador la compagnia petrolifera Chevron Texaco ha devastato i territori dell’Amazzonia e causato il più alto indice di cancro dell’America Latina tra gli abitanti.
Senza andare così lontano, basta guardarsi intorno nel nostro Paese per capire che il più grave degli ecocidi si consuma tutti i giorni davanti ai nostri occhi, con il continuo superamento della soglia tollerabile di emissioni di gas serra. Sebbene l’Italia sia il primo Paese dell’Unione ad aver configurato il danno agli ecosistemi come un crimine a sé, inserendolo dal 2015 nel suo codice penale con la legge sugli ecoreati, le diverse terre dei fuochi sparse nel nostro territorio, o l’inquinamento da PFAS in Veneto, solo per citarne alcuni, ci dicono che la strada da compiere è ancora lunga e in salita.
Nel 2008, il Parlamento europeo ha vinto una battaglia legale fondamentale con l'adozione della Direttiva sulla criminalità ambientale. Tuttavia, a causa soprattutto delle destre nazionali e del loro sostegno alle grandi multinazionali, le sanzioni non sono ancora adeguatamente applicate dalle autorità degli Stati membri.
Per questo, ora più che mai è necessario continuare la battaglia, una priorità per la giustizia ambientale e per la giustizia sociale. Perché distruggere l’ecosistema significa distruggere la casa in cui abitiamo.
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