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QUALCUNO VUOLE METTERE LA POLVERE (CO2) SOTTO AL TAPPETO



Per anni, l’industria degli inceneritori ha affermato che la combustione dei rifiuti aiuta a ridurre le emissioni dalle discariche. Tuttavia, un recente rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente e i dati riportati all’UNFCCC (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) mostrano che le emissioni degli inceneritori di rifiuti urbani europei sono aumentate di quasi il 300% tra il 1990 e il 2017.

Sono passate inosservate a causa delle complessità di contabilizzazione: queste emissioni di gas serra (GHG) dagli impianti di incenerimento dei rifiuti con recupero energetico, noti anche come Waste-to-Energy (WTE), non sono riportate nel settore dei rifiuti, ma in quello energetico.

Ora che le emissioni del settore sono state rivelate, l’industria ha trovato un’altra falsa pista per mantenere il “business as usual” e sviare le critiche sull’incenerimento dei rifiuti cercando di “nascondere le emissioni di CO2 sotto il tappeto” – con la tecnica del Carbon Capture and Storage (CCS) - e spingendo addirittura la Commissione Europea a prendere in considerazione il finanziamento di progetti CCS attraverso l’Innovation Fund.

Ma cos’è esattamente il CCS? Potrebbe essere questa la panacea per l’incenerimento?

Il CCS è il processo di cattura dell’anidride carbonica (CO2) emessa dagli inceneritori che bruciano rifiuti o da altri impianti industriali e successivamente trasportata in un sito di stoccaggio e depositata dove non (dovrebbe!) più entrare in atmosfera.

Sfortunatamente, il CCS è più un diversivo che una soluzione al problema delle emissioni di CO2 degli inceneritori. Infatti svariati progetti pilota hanno tentato di utilizzare la tecnica del CCS, ma senza portare ad alcun risultato concreto, scalabile ed in definitiva efficace anche perché questa tecnologia si è rivelata decisamente troppo costosa. Probabilmente potrebbe aiutare a far fronte ai nostri sensi di colpa, ma il CCS mina alle fondamenta la vera causa del cambiamento climatico: l’attuale sistema lineare di “take-make-dispose” ovvero “prendi-usa-getta”.

Esaminiamo alcuni dei motivi:

● Prima di tutto, i rifiuti residui - i rifiuti che finiscono negli inceneritori - non sono solo un mucchio di “roba inutile”. La maggior parte dei nostri rifiuti (fino al 90% in alcuni casi) è riutilizzabile, riciclabile o compostabile. Ciò implica che quantità significative di materiali, come carta, cartone o plastica non da imballaggio, non vengono intercettate attraverso la raccolta differenziata. La preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti aumenta la consapevolezza sia nelle famiglie che nelle imprese e crea posti di lavoro. Quando i rifiuti vengono bruciati, questi materiali si trasformano in cenere e si perdono per sempre e la CO2 fossile viene rilasciata nell’atmosfera con pericolose conseguenze sulla salute delle persone e sull’ambiente.

● Un altro motivo è l’effetto “lock-in”. Gli inceneritori sono l’opzione di trattamento dei rifiuti più costosa. Per realizzare profitti e ripagare i costi di investimento, hanno bisogno di un flusso di rifiuti garantito nel tempo. Pertanto, gli impianti di “termovalorizzazione” richiedono ai comuni di firmare contratti a lungo termine noti come “consegna o pagamento”, obbligandoli a consegnare una quantità minima di rifiuti per 10-15 anni o pagare tariffe per compensare la società di incenerimento per la perdita di profitti. Con tali contratti in essere, i comuni si impegnano a generare una certa quantità di rifiuti, invece di diminuire tale quantità aumentando al contempo i tassi di riutilizzo e riciclaggio.

● Ultimo, ma non meno importante, il recupero di materiali che finiscono ancora nei rifiuti residui avrebbe benefici climatici molto maggiori rispetto al tentativo di catturare la CO2 emessa dalla combustione dei rifiuti. Per esempio, 740.000 tonnellate di CO2 potrebbero essere risparmiate ogni anno nella sola Germania se i rifiuti organici che si trovano spesso nei rifiuti residui venissero raccolti e riciclati correttamente.

In breve, i reali benefici per il clima in termini di risparmio di gas serra risiedono nel riutilizzo e nel riciclaggio dei materiali. Una strategia rispettosa del clima sarà quella in cui i materiali attraversano continuamente l’economia; e dove la fuoriuscita di materiali come l’incenerimento dei rifiuti viene gradualmente eliminata, indipendentemente dal fatto che siano forniti di tecniche di cattura e stoccaggio di carbonio CCS o meno. Ciò è essenziale per definire un’equa transizione verso un’economia circolare, uno degli obiettivi chiave del Green Deal europeo.

La Commissione europea quindi non dovrebbe allontanarsi dalla vera strategia per il clima, che ha l’obiettivo di eliminare gradualmente ogni attività non sostenibile, come l’incenerimento dei rifiuti. La Commissione ha dato un messaggio chiaro elencando l’incenerimento dei rifiuti nella categoria delle attività non sostenibili ai sensi del Regolamento sulla tassonomia, nonché includendolo tra le attività che causano danni significativi all’ambiente secondo le linee guida dell’UE sull’interpretazione del principio “do not significant harm”, ovvero non arrecare danno significativo, che di fatto non consente agli Stati membri di utilizzare il Next generation UE per l’incenerimento dei rifiuti.

L’obiettivo dell’UE di raggiungere la neutralità climatica può avere successo solo se ci concentriamo sulla riduzione drastica delle emissioni, invece di trovare scappatoie contabili e affidarsi a pozzi non naturali come CCS e altre tecnologie “diversivo” con efficacia non dimostrata.

Ecco perché è quanto mai inopportuno e pericoloso che nel PNRR stilato dal governo italiano sia rispuntato il progetto di Ravenna dove si prevede lo stoccaggio della CO2 in mare in un giacimento esaurito. Il governo Italiano vuole davvero dire addio all’economia circolare e alla transizione ecologica?

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