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Vivere bene entro i limiti del pianeta? Per l’UE la strada è tutta in salita


Le più recenti misurazioni dell’Agenzia ambientale europea eseguite il monitoraggio dei progressi compiuti nell’attuazione del 7° Programma dell’UE in materia di ambiente delineano un quadro a tinte fosche. Grandi incertezze incombono infatti sulla possibilità di raggiungere i molteplici obiettivi che la politica ambientale dell’UE si era data per il periodo 2014-2020, in linea con una visione di lungo periodo per il 2050. Quel che è peggio è che per alcuni settori il fallimento dell’Europa è già accertato, essendo altamente improbabile la realizzazione di alcuni obiettivi specifici. Il caso più lampante riguarda il “capitale naturale”, che richiede interventi urgenti da qui al 2020. Il declino vertiginoso della biodiversità in Europa è particolarmente grave e assume diverse forme: vi contribuiscono, ad esempio, l’eccesso di nutrienti in agricoltura, il consumo e il degrado dei suoli, le pressioni sui corpi idrici superficiali e sulle acque costiere, nonché l’esposizione degli ecosistemi terrestri all’eutrofizzazione dovuta all’inquinamento atmosferico. Il quadro non migliora se consideriamo l’obiettivo di mettere i cittadini al riparo dalle pressioni legate all’ambiente e dai rischi per la salute: con un consumo di proteine animali superiore ai livelli raccomandati, con il record di oltre 400 mila morti premature all’anno per esposizione prolungata a NOX, PM10 e altre polveri sottili e con almeno 10 mila morti premature per patologie indotte dall’inquinamento acustico, è chiaro che in questa Unione, a tutti i livelli, è finora prevalsa la scelta di mettere la testa sotto la sabbia e, colpevolmente, di non affrontare le emergenze ambientali e sanitarie più pressanti. Il Parlamento, con il voto di oggi, ha fatto il punto sull’attuazione del 7° Programma d’azione per l’ambiente, un documento di indirizzo di fondamentale importanza. Come Movimento Cinque Stelle siamo intervenuti per mettere nero su bianco sia le criticità sia le misure che l’Unione, i governi nazionali e le amministrazioni locali dovrebbero attuare in via prioritaria per ridare credibilità e slancio agli sforzi comuni per la tutela dell’ambiente. Prioritaria è la gestione dell’acqua. Dobbiamo seriamente cominciare a rispettare questo bene, prezioso e vitale, e risolvere i problemi endemici che in Europa, e soprattutto in Italia, abbiamo nel campo delle acque destinate al consumo umano e in quelle del trattamento dei reflui, per il quale peraltro si profila, nel breve periodo, l’imposizione di pesantissime sanzioni. Non prenderci cura delle risorse idriche è uno dei torti peggiori che possiamo fare alle generazioni future. L’iniquità intergenerazionale è destinata a crescere anche se non compiamo una svolta radicale sul fronte della mobilità, lasciandoci alle spalle lo sfruttamento dei combustibili fossili e aprendoci una volta per tutte all’elettrificazione dei trasporti e alla diffusione dei veicoli puliti. Come possiamo pensare di vivere bene entro i limiti delle risorse del pianeta se mentre la Cina e molti Stati USA introducono mandati vincolanti in quanto alla vendita di auto elettriche la Commissione propone standard di riduzione delle emissioni di CO2 per il periodo dopo il 2020 estremamente contenuti per assecondare gli interessi delle case automobilistiche? Come possiamo respirare un’aria migliore se le amministrazioni locali e regionali non fanno la loro parte adottando piani per la qualità dell’aria privi di misure credibili che non fanno nulla per riportare PM10 e NO2 entro le soglie stabilite dalle norme UE e che ci avvicinano così ad una condanna della Corte di giustizia per violazione della direttiva 2008/50/CE che preparerà il terreno per l’imposizione di un’altra salatissima sanzione? Il Parlamento ha teso l’orecchio verso queste preoccupazioni. Lo ha fatto anche schierandosi, grazie all’iniziativa del Movimento Cinque Stelle, contro le sovvenzioni dannose per l’ambiente, che dovrebbero essere abbandonate rapidamente e una volta per tutte. Ed ha fatto proprio quanto abbiamo sempre invocato sul fronte pesticidi chimici, il cui utilizzo massivo ci allontana pericolosamente dal realizzare molti degli obiettivi del 7° Programma d’azione. Ridurre drasticamente il loro utilizzo e riformare il loro sistema di autorizzazione, aumentandone la trasparenza mediante l’uso di studi scientifici pubblici e soggetti a revisione dei pari e la rimozione di qualsiasi clausola di riservatezza sui test relativi ai rischi per l’uomo e per l’ambiente, come peraltro chiesto dai cittadini attraverso l’ICE “Stop Glifosato”, dovrebbe essere la stella polare di un’Unione che si possa dire veramente impegnata a migliorare la propria politica ambientale. Un obiettivo che noi perseguiremo con il lavoro nei prossimi mesi all’interno della commissione speciale PEST.


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