top of page

GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI DIVORANO IL PIANETA. NE PARLO NEL MIO BLOG SU HUFFINGTON POST



Strano da credersi, ma tra le cause del perdurare di comportamenti dannosi, la percezione distorta della realtà è spesso sul podio.

Facevo questa considerazione leggendo un recente studio pubblicato dalle Università di Urbino e Vienna, condotto su sedicimila cittadini di diversi paesi europei, tra cui l’Italia. In breve, è stata loro posta la seguente domanda: qual è la principale causa dell’inquinamento dell’aria?


Gli intervistati avevano cinque opzioni tra le quali scegliere: agricoltura e allevamento, riscaldamento domestico, rifiuti, industria, traffico veicolare.

Sorprendentemente, la maggioranza ha indicato come maggiori responsabili, con grande distacco sugli altri, l’industria e il traffico.

La percezione del problema non può essere più distorta, visto che le principali cause dell’inquinamento dell’aria sono l’agricoltura e gli allevamenti intensivi. Entrambi questi fattori, infatti, producono un enorme quantitativo di ammoniaca che, una volta immessa nell’aria, si trasforma in sale d’ammonio, componente di spicco delle tristemente note polveri sottili (PM 2.5).

I danni delle polveri sottili, le cui minuscole dimensioni fanno sì che penetrino con facilità nei polmoni, fino a raggiungere i vasi sanguigni e il cuore, sono ampiamente documentati: secondo il report 2020, solo per citarne uno, dell’Agenzia Ambientale Europea, in Italia nel 2018 sono state oltre 59.000 le morti premature riconducibili all’inquinamento atmosferico da PM2.5. Nel nostro Paese l’81% degli abitanti vive in un’area che sfora i limiti di inquinamento fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e pensate che in Pianura Padana si arriva quasi al 100%! Da lombarda non posso che leggere con costernazione i dati diffusi dal Lancet Planetary Health, secondo i quali le città di Brescia e Bergamo detengono il tasso di mortalità da particolato fine più alto in Europa.

Ecco perché è ora di dire basta agli allevamenti intensivi, un sistema che mette in serio pericolo la salute dei cittadini e provoca inutili sofferenze agli animali, con l’aggravante di un impatto ambientale e climatico non più sostenibile.

Si tratta di vere e proprie fabbriche di carne che costringono gli animali a vivere in condizioni impietose, praticando al contempo un abuso sistematico di antibiotici ed altri farmaci, andando così ad aggravare il fenomeno della resistenza agli antibiotici, che si prefigura come uno dei problemi più seri che ci troveremo ad affrontare da qui a pochi anni. Basti pensare che l’Italia conta ogni anno oltre 10 mila morti da antibiotico resistenza, su un totale di 30 mila in Europa: un altro triste primato.

Ma c’è un’ulteriore preoccupazione, mai così attuale: gli allevamenti intensivi sembrano essere il denominatore comune dei salti di specie tra gli uomini e gli animali.

Proprio in questo momento in Olanda imperversa un’epidemia di febbre Q tra le persone che vivono vicino agli allevamenti di capre, in Francia nel 2020 è stato abbattuto oltre un milione di pollame per influenza aviaria, la peste suina ha ucciso oltre 200 milioni di animali in Asia.

Secondo un recente studio di Ipbes (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) sono circa 850.000 i virus in circolazione che potrebbero avere la capacità di trasferirsi dagli animali agli umani, compiendo quello spillover che il Covid-19 ha portato agli onori della cronaca. È evidente che bisogna riflettere sulla necessità di cambiare i nostri modelli di sviluppo, che non possiamo più permetterci questi ritmi di produzione e consumo e si debba avere il coraggio di dire che è necessario ridurre il consumo di carne, come richiesto ormai dalla scienza e dalla società civile.

E invece in Lombardia si pensa ad ampliare gli allevamenti di maiali in provincia di Mantova, senza nemmeno passare da una corretta procedura di Valutazione di Impatto ambientale. Inaccettabile.

Ora più che mai è indispensabile disperdere quell’orizzonte di retorica ambientalista che spesso penalizza le proposte più fattive. Fuori da ogni integralismo, è necessario prendere coscienza che un modello alternativo è possibile, a patto che si basi su studi scientifici rigorosi, che non resti nelle vaghe intenzioni di pochi e che si avvalga di quei finanziamenti europei che dovrebbero sostenere senza opacità un sistema più intelligente per la nostra ripresa economica, più sostenibile per l’ambiente e più sano per la salute di tutti. La politica ascolti.

Categorie
Archivio
bottom of page